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Quando parliamo di Dislessia?

  • Immagine del redattore: Admin
    Admin
  • 9 giu 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

La dislessia è una compromissione significativa e persistente della lettura. Il dislessico ha difficoltà nella transcodifica, ovvero non riesce in modo efficiente ad attribuire un senso ai vari simboli ortografici, cioè le sequenze di lettere.

Il modello proposto da Coltheart (1978), ossia il “modello a due vie” (Coltheart et al., 2001), descrive i meccanismi di elaborazione del processo di lettura.

Secondo questo modello, il processo di lettura si basa sull’efficienza di due vie di lettura: la via sub-lessicale e la via lessicale, che rispecchiano due modalità di elaborazione delle parole nel compito di lettura.

La condizione necessaria affinché si possa attivare una delle due vie è la possibilità di effettuare un’adeguata percezione e discriminazione visiva dello stimolo (parola scritta). Questo processo è determinato dall’integrità dell’apparato sensoriale e dall’assenza di patologie oculistiche.

Una volta vista la parola, questa può essere letta e, quindi, elaborata attraverso:

  • la via sub-lessicale (o via lenta): la parola vista è scomposta nelle sue sub-unità, le lettere (grafemi). Successivamente è effettuata una procedura di transcodifica dei singoli grafemi nei loro corrispondenti sonori (fonemi). Questa via ci permette di leggere parole che non conosciamo o prive di significato, le cosiddette ‘non-parole’, basandoci unicamente sulle regole di conversione grafema-fonema.

  • la via lessicale (o via veloce): la parola vista è elaborata nella sua integrità e, quindi, letta. Questo avviene attraverso l’utilizzo di magazzini di memoria dove vengono recuperati sia la struttura sonora, o struttura fonologica, sia il significato delle parole che già conosciamo. Questa via ci permette di leggere le parole che conosciamo con rapidità.

Alla fine di entrambe le vie, la struttura sonora (o fonologica) della parola, costruita attraverso la via sub-lessicale o recuperata attraverso la via lessicale, è depositata in un magazzino di memoria, che la mantiene in mente il tempo necessario per programmare l’articolazione motoria da parte dell’apparato bucco-facciale.

Le due vie di lettura sono indipendenti e un normo lettore è in grado di passare dalla via veloce o lessicale, che utilizza in modo prevalente, alla via sub-lessicale, in base alle necessità (ad esempio quando occorre leggere parole sconosciute).

Le evidenze concordano con l’idea che i dislessici rimangano maggiormente ancorati all’utilizzo della via di lettura di tipo sub-lessicale, indipendentemente dalla natura dello stimolo (parole conosciute o sconosciute). In altre parole i dislessici, di lingua italiana, avrebbero una compromissione della via lessicale di lettura (Zoccolotti et al. 2007).

Questo modello, per quanto esaustivo, non riesce a spiegare i processi di apprendimento della lettura, perché proposto e sviluppato sulla lingua inglese (lingua opaca: dove la conversione grafema-fonema non è sufficiente per la lettura) che si differenzia notevolmente dall’italiano (lingua trasparente), a cui questo modello è stato adattato. In italiano l’utilizzo della via sub-lessicale per la lettura è tipico anche di tutti i bambini nei primi anni di scuola (nelle prime fasi di apprendimento). Con lo sviluppo e l’esperienza si abbandona progressivamente l’utilizzo della via sub-lessicale (più lenta) a favore della via lessicale (più veloce).

Questa considerazione spiega perché, nella lingua italiana, il paramento che è maggiormente rilevante quando si parla di difficoltà di lettura è quello della rapidità rispetto a quello dell’accuratezza. Questo perché le competenze di conversione grafema-fonema (fondamentali per l’accuratezza) evolverebbero in modo lineare dalle prime fasi di alfabetizzazione fino alla terza primaria (Vio e Tretti, 2011).

Dott.ssa Di Caro Flavia


 
 
 

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